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Se lavori troppo, ora ti spetta un risarcimento: puoi chiederlo in pochi passi, meglio della liquidazione

Se lavori troppo c’è una buona notizia perché ora puoi anche richiedere un risarcimento. Non è difficile compilare la richiesta. 

Con i ritmi di lavoro serrati che ormai accomunano molte aziende non è raro che a fine giornata ci si senta stressati ed esausti. In parte questo può essere imputato agli orari, altre volte dipende dalla mansione che di per sé è considerata usurante. Ma se questa situazione supera una certo limite è possibile che si rientri nei casi in cui è previsto un risarcimento per il troppo lavoro.

Se lavori troppo potresti aver diritto a un risarcimento. – (living.it)

Uno dei casi in cui la Corte di Cassazione può riconoscerlo è quello in cui il carico di lavoro arriva a provocare un danno biologico. Vale a dire quando l’attività lavorativa arriva a provocare una lesione permanente o porta a sviluppare una patologia e si può dimostrare che la causa sia legata all’ambiente di lavoro. Ma i danni fisici non sono l’unica circostanza considerata.

Anche uno stress eccessivo può essere una motivazione valida per la richiesta di risarcimento. Quando gli orari sono prolungati o si affronta una situazione di mobbing sul posto di lavoro per esempio. In questa seconda circostanza rientrano tutti i comportamenti da parte dei colleghi o dei superiori che ledono la dignità del lavoratore e che sono prolungati nel tempo.

Come richiedere un risarcimento se lavori troppo

Ci sono quindi due condizioni in cui si può ottenere qualcosa dalla Corte di Cassazione. La prima è che la situazione del lavoratore si possa classificare come “superlavoro”, ovvero quando l’attività è eccessiva e troppo prolungata nel tempo. Un esempio sono gli straordinari forzati quando non sono previsti nel contratto o quando i turni di lavoro sono mal gestiti e troppo ravvicinati.

Si rientra nel superlavoro quando si è obbligati a lavorare troppo. – (living.it)

La seconda è quando insorge un danno biologico, come un infortunio o una patologia. In entrambi i casi chi desidera richiedere un risarcimento deve presentare ricorso attraverso un avvocato, citando il datore di lavoro e le cause che motivano il gesto. Di fronte al giudice il datore di lavoro ha la possibilità di contestare tali motivazioni, per esempio con prove contrarie.

In tal caso il lavoratore sarà tenuto a provare il nesso causale fra l’attività che svolge e i danni fisici riportati. Se il datore di lavoro non può provare di aver adottato tutte le misure di prevenzione per l’integrità psico-fisica del dipendente dovrà risarcirlo.

Nausicaa Tecchio

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